giovedì 6 agosto 2015

70 ANNI DA HIROSHIMA


Tra la miriade di mangaka ancora sconosciuti in Italia spicca il nome di Fumiyo Kouno. Nata a Hiroshima il 28 settembre 1968, Kouno comincia a disegnare manga mentre frequenta le scuole superiori. Si iscrive poi alla facoltà di scienze dell’università di Hiroshima, ma alla fine la abbandona proprio per dedicarsi ai manga. Si trasferisci quindi a Tokyo, ove svolge il lavoro di assistente per alcuni autori professionisti, tra cui Katsuyuki Koda, Aki Morino, Fumiko Tanigawa. Finalmente, nel 1995, pubblica il suo primo manga da autrice completa, Machikado Hana Dayori. Nel 1997 tocca invece a Pippira Note, entrambi per la casa editrice Futabasha. Le sue serie hanno un’ambientazione quotidiana e sono portate sulla carta con un tratto semplice, ma attento ai piccoli dettagli. Inoltre i retini sono totalmente assenti, a vantaggio di un tratteggio discreto che, accompagnato da un uso limitato dei neri, contribuisce a rendere le tavole molto luminose. In Pippira Kouno si concentra sui piccoli volatili, probabilmente ispirata dal canarino di casa, creando brevi storie che diventano anche una sorta di vademecum nella cura e convivenza con queste creature volanti.
Nel 2003 il suo editor in Futabasha le propone di realizzare un manga su Hiroshima. Inizialmente Kouno ritiene che la richiesta si riferisca a una serie sul quotidiano, in linea con le sue precedenti produzioni, ma poi comprende che il redattore desidera invece una storia sulla tragedia di Hiroshima, colpita da una bomba atomica alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Perplessa e un po’ spaventata dal tema (che non ha vissuto in prima persona, ma che da decenni aleggia come un fantasma su tutta la popolazione della città), alla fine Kouno decide di affrontare il compito, dando vita a tre racconti brevi (“Yunagi no Machi”, “Sakura no Kuni”, “Sakura no Kuni 2”), gli ultimi due dei quali collegati tra loro, poi raccolti nel volume Yunagi no Machi Sakura no Kuni edito anche negli Usa col titolo Town of Evening, Country of Cherry Blossom. L’attenzione dell’autrice non si concentra sul momento della terribile esplosione, ma sulle sue conseguenze a lungo termine, posando il delicato sguardo sugli hibakusha (sopravvissuti) e sui loro figli (a loro volta hibakusha) che continuano a morire nei decenni seguenti a causa delle radiazioni. Il dolore fisico di queste persone si accompagna a un dramma psicologico ancor più doloroso, il ricordo struggente e spaventoso di quei momenti fatali, in cui hanno visto parenti, amici, un’intera città sgretolarsi davanti a loro. Un ricordo accompagnato da uno strisciante e terribile senso di colpa, quello di essere appunto sopravvissuti, una fortuna che non è toccata ai loro cari. Così Kouno riesce a trattare lo spinoso tema partendo da un punto di vista a lei congeniale, quello umano, fatto di piccoli gesti quotidiani, lunghi silenzi, ricordi sussurrati, dignitosa sofferenza. Il suo disegno, a volte quasi infantile, che parrebbe poco adatto a tale tipo di storia, si rivela invece ottimale, riuscendo a smussare la crudezza delle scene di morte e a entrare in punta di piedi nella vita dei protagonisti. Il volume è stato trasformato in un film live action, di cui non ci risulta purtroppo esistere una versione occidentale.



per tutte le immagini © Fumiyo Kouno