mercoledì 2 gennaio 2019

SCARPE E LIBERTÀ



Nel corso dei miei frequenti viaggi a Tokyo passo molto tempo in metropolitana. Le innumerevoli linee locali sono veloci, efficientissime e raggiungono quasi ogni angolo della metropoli. Tuttavia, trattandosi, appunto, di una metropoli percorrere lunghe distanze può richiedere parecchio tempo. Il più delle volte riempio tali intervalli temporali esercitando un’insolita attività: il people watching, ovvero l’osservazione delle persone, pratica da cui si possono trarre interessanti insegnamenti sulle abitudini di un popolo. Anzi, per essere preciso, mi impegno nel più divertente shoes watching, osservazione delle scarpe. Che noia penserete voi (qualcuno avrà detto anche “che idiozia”, lo so, vi leggo nella mente), ma solo perché non siete mai stati su un vagone metropolitano della capitale giapponese. Le curiosità, o stramberie per esser più chiari, sono parecchie e quelle relative alle scarpe, e a come vengono indossate, sono tra le mie preferite. Beh, che ci sarà mai di strano, penserete voi ingenui lettori. E io vado subito a informarvi. Innanzitutto sappiate che nelle case giapponesi è severamente vietato indossare scarpe, che devono essere lasciate all’ingresso con la punta rigorosamente rivolta verso l’esterno. Che c’entra? Chiedere ancora voi scettici… C’entra, perché molti giapponesi prendono l’abitudine di togliersele anche durante i lunghi viaggi, in aereo come in treno o in metro. Ovviamente non nell’orario di punta, dato che tra quella folla non le troverebbero più. Negli orari di maggiore quiete, invece, può capitare di vedere seriosissimi salary man a piedi scalzi, con pedalini in bella vista senza che nessuno si meravigli della cosa, a parte qualche gaijin, straniero, come me. Bisogna poi considerare che i giapponesi di moda capiscono ben poco, quindi finché indossano abiti, e scarpe, in qualche modo legati all’ambito lavorativo o scolastico, e quindi rispondenti a rigidi codici impostigli, tutto è abbastanza omologato e normale. Quando però sono liberi dalle convenzioni sociali, per esempio al di fuori della scuola (che impone delle divise) o nei giorni di festa, fanno di testa propria e si sbizzarriscono scegliendo calzature che sembrano scaturite dalla mente di designer impazziti. Le donne azzardano scarpe leopardate con tacco vertiginoso, sportive di un argento luccicante, stivaletti ricoperti di finta pelliccia. Gli uomini propongono avventurose calzature dalle lunghissime punte (simboli fallici?), scalcinate e consumatissime scarpe da tennis, “gemelle diverse” con colori differenti. I più giovani non temono neanche di indossare ciabatte da doccia in plastica, scarpe da ginnastiche con scritte aggiunte a mano, sfavillanti infradito (ottime quando vi schiacciano un piede tra la folla).
Il campionario è insomma vario e variopinto, e molto ci sarebbe da dire anche riguardo gli abbinamenti con le calze. Gli orribili e scomodissimi calzini con dita fanno quasi impressione, mentre calze corte con pon-pon o merletti adornano caviglie femminili che non temono il kitsch. Tutta questa anarchia pedestre, tuttavia, mi dona sempre una manciata di allegria e, in fondo, rappresenta un pizzico di ribellione da parte di un popolo fin troppo prigioniero di etichette e convenzioni, quasi fosse un sussurro di libertà che può essere colto solo da chi sa ascoltare (e osservare) con attenzione. Scarpe di tutta Tokyo, unitevi!







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