martedì 11 gennaio 2011

IL RITORNO DELL'UOMO TIGRE


Il sito di "La Repubblica" riporta una curiosa notizia. L'Uomo Tigre, il popolare personaggio dei cartoni animati giapponesi, prosegue le donazioni a favore di bambini. "Sono otto le città in tutto il Sol Levante che soltanto ieri hanno riferito di nuove iniziative benefiche ispirate al lottatore professionista che, nell'apprezzata serie di animazione degli anni '60-'70, combatte contro il male per aiutare i bambini di un orfanotrofio, facendo salire i casi a oltre 30 unità, nel calcolo fatto dai media nipponici. La scia di buone azioni, in pieno spirito natalizio, era non a caso iniziata la mattina del 25 dicembre a Maebashi, città della prefettura di Gunma, a nord di Tokyo, dove davanti alla porta di un consultorio per la tutela dei minori erano stati lasciati 10 pacchi rossi pieni di altrettante cartelle per scuola elementare, del valore di 30.000 yen (280 euro) l'una. La lettera allegata portava la firma di 'Naoto Date', il nome dell'Uomo Tigre, con la preghiera che i regali fossero consegnati ai bambini. Una storia singolare, ma che da allora si è ripetuta in tutto il Paese."
Per chi non conoscesse il personaggio, eccone una scheda.
“Ovunque vada l'Uomo Tigre, la tempesta lo segue!” Questa frase introduce perfettamente il protagonista del manga Tiger Mask, che fa il proprio esordio in Giappone nel 1969. L'Uomo Tigre, conosciuto anche come "il demone giallo" o "il più forte lottatore del mondo", ha il volto coperto da una maschera da tigre e un pittoresco mantello rosso e mette al tappeto chiunque gli si presenti davanti sul ring. Le sue esibizioni sono un succedersi di colpi strabilianti, ma anche dimostrazioni di ferocia senza pari. Nessuno sa che dietro quella maschera senza esperssione si cela Naoto Date, un orfano che dieci anni prima ha giurato di diventare più forte di una tigre, in modo da superare tutte le avversità che la vita lo ha costretto ad affrontare. Allenatosi nella Tana delle Tigri, un'associazione clandestina che alleva i lottatori più crudeli, Naoto ha raggiunto il suo obiettivo. Ora, però, intende utilizzare tutto il denaro guadagnato in tanti incontri per aiutare i bambini orfani cresciuti nel suo stesso istituto. Così facendo contravviene a una legge della Tana delle Tigri, che non solo vuole che i suoi atleti rivestano sempre il ruolo dei malvagi, ma gli impone anche di versargli la metà di tutti i guadagni. La vita di Naoto si trova quindi a un bivio: prestare fede al giuramento fatto alla tana o aiutare i piccoli orfani, tra cui l'irrequieto Kenta che gli ricorda molto se stesso da piccolo? La preferenza per gli orfani rende l'Uomo Tigre un traditore agli occhi della Tana, che presto gli lancia contro tutti i suoi lottatori più forti e violenti, con l'obiettivo di eliminarlo. Riuscirà l'Uomo Tigre a sopravvivere dimostrando di essere il re del ring, il più forte di tutti i lottatori?
Dalle trame crude e con un disegno improntato al realismo, Tiger Mask è un fumetto di Ikki Kajiwara (testi) e Naoki Tsuji (disegni) legato a doppio filo col vero mondo del catch, o wrestling, uno sport molto popolare negli Stati Uniti e in Giappone. In pratica si tratta di una variante della lotta libera americana nella quale sono ammessi tutti i colpi possibili. Sul ring, simile a quello della boxe, i lottatori indossano spesso costumi sgargianti e assumono nomi pittoreschi, esibendosi in una via di mezzo tra lotta e recitazione. Tra le tavole di Tiger Mask appaiono anche lottatori realmente esistenti, come Antonio Inoki (ex giocatore di baseball) e Giant Baba (un vero e proprio gigante, come evidenzia il suo nome), entrambi allievi di Rikidozan, praticamente il padre del wrestling giapponese, di cui diviene un professionista nel 1951 dopo aver tentato una carriera nel mondo del sumo. Non solo, ben presto l'interscambio tra manga e realtà ha un'ulteriore svolta, quando un atleta esistente decide di indossare la maschera della tigre sul ring. È Satoru Sayama, che si fregia del nome Tiger Mask dal 1981 al 1983, per essere poi sostituito da altri atleti non sempre alla sua altezza (Mitsuharu Misawa, Koji Kanemoto, Yoshihiro Yamazaki).
Ovviamente il manga viene prontamente trasformato in anime, grazie a due serie televisive. La prima viene messa onda tra il 1969 e il 1971, 105 episodi diretti da Takeshi Tamiya. La seconda arriva una decina di anni dopo, tra il 1981 e il 1982, con 31 episodi firmati da Takami Morishita. L’anime ripropone il tratto spigoloso e un po’ crudo del manga, affascinante proprio perché “ruvido” come gli incontri di lotta del protagonista. In scena, però, non vanno solo gli eventi sportivi, ma anche questioni umane e sociali. Come il tema degli orfanelli, tanto caro agli anime, in questa sede proposto in un’ottica decisamente meno romantica del solito e che rimanda al dramma vissuto da molti giovani giapponesi nel dopoguerra, rimasti senza i genitori a causa del conflitto mondiale. O anche la preoccupazione per l’inquinamento, in un Giappone in piena crescita economica e industriale con fabbriche che producono rifiuti di ogni tipo senza che si sia ancora pensato a come smaltirli. Il tema della lotta, che il personaggio affronta con spietata determinazione, a volte anche con eccesso di violenza ma sempre con leale correttezza, è insomma presente anche nella vita di tutti i giorni, ove bisogna combattere per sopravvivere e per difendere il luogo in cui si vive. Sul ring come per la strada, Tiger Mask diviene un modello, l’emblema di coloro che lottano per risollevarsi da una condizione infelice e che, per raggiungere il proprio obiettivo, possono contare solo sulle proprie forze e su una incrollabile volontà.

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