venerdì 3 dicembre 2010

GAIJIN HARLOCK


Assieme all'amico Igor Gobbi, il Castellazzi sta mettendo insieme un libercolo per il mercato spagnolo dedicato a Capitan Harlock. Eccone un assaggio, incentrato sui fumetti del pirata spaziale prodotti in Occidente.

Il grosso pubblico ne è probabilmente all’oscuro, ma, al di fuori del Giappone, diverse storie di Capitan Harlock sono state realizzate da artisti gaijin, “stranieri”.
Alla fine degli anni Settanta, le televisioni italiane vennero “occupate” da decine di anime a ogni ora del giorno. Quei prodotti, acquistabili a costi relativamente bassi, entusiasiasmavano i ragazzi e spingevano i canali TV, specie quelli privati, a farne incetta. Parallelamente, cominciò a svilupparsi anche il mercato editoriale. All'epoca, però, a parte alcuni casi limitatissimi (come Il Grande Mazinga e Candy Candy), gli editori italiani preferirono realizzare i fumetti di quei popolarissimi personaggi in casa, piuttosto che acquistarli dagli editori giapponesi, lontanissimi sia geograficamente sia mentalmente da un'editoria nostrana sempre molto artigianale e talvolta anche raffazzonata. Nacquero così una serie di pubblicazioni realizzate da autori italiani raggruppati in piccoli studi e che non firmavano le storie. Spesso in un formato vicino all'A4, e con 32 pagine a colori, questi pionieristici magazine manga potevano essere dedicati a un unico personaggio o, più frequentemente, contenere brevi storie di serie differenti.
Ad aprire le danze furono due pubblicazioni molto vendute all’epoca: La banda TV e Cartoni in Tivù. Entrambe le testate erano suddivise in modo tale da ospitare un numero sempre crescente di fumetti dedicati agli eroi giapponesi, scelti tra i più disparati in modo da soddisfare tutti i tipi di lettori. Le storie erano di norma molto brevi (da sei a otto pagine l’una) e caratterizzate da una sceneggiatura quanto mai semplice. Dal punto di vista grafico, il tratto era nella maggioranza dei casi piuttosto veloce e discontinuo, poiché per motivi di tempo vari disegnatori si alternavano alle matite. La banda TV offriva inoltre un incentivo in più all’acquisto, poiché alcuni numeri uscivano corredati da adesivi riproducenti le fattezze dei personaggi più in voga al momento. Tra le innumerevoli serie apparse sotto forma di fumetti su La banda TV e Cartoni in Tivù si segnalano Galaxy Express 999, Jeeg robot d’acciaio, Trider G7, Hurricane Polimar, Kyashan, Tekkaman, Daitarn 3, Judo Boy, Toriton, UFO Diapolon e molti altri.
Altre riviste per ragazzi adottarono una politica di tipo analogo, presentando “manga” di produzione italiana ispirati ai personaggi giapponesi di maggiore successo. La ERI, costola editoriale della RAI, dall’aprile del 1979 fece uscire TV Junior, settimanale
all’interno del quale era possibile trovare passatempi e rubriche ma, soprattutto, fumetti made in Italy legati a varie serie TV. Queste ultime vennero affidate in appalto a diversi studi: Immagini e Parole, Bierreci, Studio Smack, Staff di IF, Cartoon Studio. Tra le serie ospitate sulle le sue pagine vi erano Capitan Futuro, Remì, Mazinga Z, Astroboy e molte altre, incluso Capitam Harlock. Quest’ultimo era protagonista di storie a fumetti che seguivano a grandi linee, seppur in chiave maggiormente infantile, le trame degli originali episodi televisivi, fornendo quindi semplicemente una versione cartacea di quanto già visto sulle schermo, con uno stile di disegno che spesso variava da numero a numero. Gli episodi in questione furono successivamente raccolti nel volume Capitan Harlock Le Mie Avventure a Fumetti, sempre targato ERI.
Altro volume dedicato ada Harlock fu Capitan Harlock in difesa della Terra, del medesimo editore, nel quale le prime due puntate televisive della serie venivano adattate abbastanza liberamente, puntando su una narrazione più estesa e con qualche ritocco degli eventi, per esempio collocando il giovane Tadashi sull’Arcadia sin dal principio. Nel complesso si trattava di storie godibili da un pubblico di giovanissimi, ma assai lontane dai livelli qualitativi del manga e dell’anime originali.


Anche negli Usa il pirata spaziale è stato al centro di produzioni indigene. Nel 1989 la casa editrice Eternity Comics cominciò infatti a pubblicare alcune miniserie di Capitan Harlock interamente scritte e disegnate da autori americani. Nell'ottobre di quell’anno uscì la prima miniserie, composta da 13 numeri e dal semplice titolo Capitan Harlock, realizzata da Robert W. Gibson (testo) e Ben Dunn (disegni). Questa lunga storia era spezzata in quattro parti: “Capitan Harlock Returns” (nn. 1-3), “Eternal Wanderer Emeraldas” (nn. 4-6), “Sins of the Fathers” (nn. 7-10) e “Message in a Bottle” (nn. 11-13). Grazie a numerosi flashback, la serie era giocata sia sul periodo piratesco di Harlock, sia su quello militare (quando era ancora un ufficiale della Federazione Terrestre).
Il successo dell'iniziativa, certo non eclatante ma notevole per una piccola casa editrice, spinse la Eternity a ristampare la miniserie in volume e, soprattutto, a pubblicare nel novembre del 1990 la nuova mini in quattro numeri The Pirate Queen Emeraldas, affidato allo stesso team di autori con l'aggiunta di Tim Eldred come inchiostratore (che già aveva aiutato l’oberato Dunn sugli ultimi numeri della precedente serie).
Nel 1991 fu inoltre pubblicata la miniserie di sei numeri Death Shadow Rising, in cui la vecchia astronave di Capitan Harlock, la Death Shadow, tornava per combatterlo sotto la guida di Alexander Nevich, ex ufficiale della flotta terrestre. Anche questa volta i testi furono affidati a Robert W. Gibson mentre Tim Eldred subentrò a Ben Dunn anche per le matite. I due diedero vita a una storia che affiancava dramma e umorismo, arricchita da molte battaglie spaziali.
Sempre Gibson e Eldred realizzarono lo special natalizio del dicembre 1991 dal titolo A Captain Harlock Christmas Special, prologo alla successiva miniserie. Quattro numeri datati 1992, dal titolo Captain Harlock, the Fail of the Empire, nei quali alcuni sabotatori umanoidi si infiltrano nell’Arcadia per distruggerla.


Nel 1993 è la volta di Captain Harlock: the Machine People, altra mini di 4 affidata alla colladauta coppia Gibson e Eldred. Questa volta Harlock si scontra col popolo delle macchine visto nella serie Galaxi Express 999, facendo in tal modo proprio un “vizio” di Leiji Matsumoto, quello di far convivere serie e personaggi nel medesimo continuum narrativo.
Tutte le storie contenute nelle varie miniserie americane si situano cronologicamente prima del manga Capitan Harlock e subito dopo il film La mia giovinezza sull’Arcadia, utilizzando come riferimenti più gli anime che i manga dato che questi ultimi erano poco noti negli USA. Nei vari albi lo scrittore Gibson ha cercato di rimanere fedele alla figura di Harlock dipinta da Matsumoto, “Harlock infonde una visione di libertà nelle persone che lo circondano”, ha affermato lo scrittore americano in un'intervista, “è la libertà di scegliere la propria strada nella vita, e di fare qualsiasi cosa si voglia, senza preoccuparsi di quello che gli altri dicono dovresti essere”. Riguardo al lato grafico della serie bisogna sottolineare che Ben Dunn è il disegnatore che più si è avvicinato allo stile di Matsumoto grazie al proprio tratto di matrice nipponica (Dunn diverrà in seguito famoso grazie ai Ninja High School, vero e proprio manga americano) e dai risvolti umoristici, questo nonostante molte vignette da lui realizzate risultino povere negli sfondi e nella tecnologia, nonché dall'incerto tratteggio. Eldred ha segnato invece una svolta, realizzando delle tavole maggiormente occidentali, con una interpretazione più seria e più drammatica, a volte addirittura tragica, dei personaggi e della serie, rendendola così più distante, e allo stesso tempo più personale, rispetto a quella del suo creatore originario Leij Matsumoto.
Nel 1993, soddisfatta di quanto fino ad allora realizzato, l’Eternity era pronta a continuare la pubblicazione degli albi di Harlock, senonché (colpo di scena!) venne bloccata dalla Toei (proprietaria dei diritti) che le comunicò che l’agente statunitense che l’aveva autorizzata, dietro pagamento, a produrre gli albi di Harlock era in realtà un truffatore. La Toei non procedette legalmente nei confronti della Eternity, tuttavia le vietò di produrre nuove serie e di ristampare le vecchie. Finiva così l’avventura americana del pirata dello spazio, per una volta gabbato da un “pirata” terrestre in carne e ossa.

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