I ricordi rappresentano una delle maggiori fonti d’ispirazione per ogni forma di narrativa. Non sappiamo quanti personali frammenti del passato di Akio Nishizawa siano presenti nel lungometraggio animato Le voci della nostra infanzia, ma dato che la pellicola è ambientata nel 1956, quando il regista aveva quattordici anni, è probabile che abbiano svolto un ruolo importante. Apparentemente, la storia non racconta nulla di eclatante, concentrandosi sulla vita di un gruppo di ragazzini all’ultimo anno delle elementari, alle prese con la vita quotidiana e con un concorso canoro scolastico. Eppure, sia le vicende personali dei personaggi, sia i mille dettagli che li circondano, vanno a formare un complesso puzzle la cui composizione svela il Giappone del periodo, non solo nei suoi aspetti pratici, ma anche in quelli più profondi, quasi spirituali. Nazione messa in ginocchio da una guerra perduta e dalla messa in crisi di alcuni valori tradizionali, cerca faticosamente un nuovo equilibrio tra passato e futuro, in un presente ricco di difficoltà ma anche di opportunità. La crescita del giovane Akira e dei suoi compagni non è che la metafora della ricostruzione del Giappone, che passa inevitabilmente per la formazione dei suoi cittadini più giovani, splendidamente caratterizzati dall’ottima sceneggiatura. Di fronte all’evidente spessore narrativo, si perdona volentieri un’animazione non eccelsa accompagnata da un disegno non spiacevole ma semplice e con qualche evidente difetto (come il pallore cadaverico di alcuni personaggi femminili).
Titolo: Le voci della nostra infanzia
Titolo originle: Furusato Japan (“Giappone, la nostra patria”)
Anno: 2007
regia: Akio Nishizawa
Sceneggiatura: Akio Nishizawa
Durata: 96 minuti
Prezzo: 25,00 euro
Editore: Kaze
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